La Parola
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 10,27-30
In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Parola del Signore
Il Commento
Sapete cos'è un pastore? Ma certo che lo sapete. Il pastore è colui che si prende cura delle pecore.
E sapete cos'è un vincastro? È un bastone di salice curvato nella sommità che risultava essere molto utile al pastore. Se una pecora prendeva una direzione sbagliata, il pastore poteva accompagnarla nel gregge usando il vincastro. Serviva al pastore, sia per difendersi e difendere il gregge dagli assalti dei briganti e dei lupi, sia come sostegno per sé stesso e gli agnelli ancora piccoli, quando camminavano e pascolavano sui terreni impervi. Il pastore è la persona che si prende cura del gregge, che è responsabile delle sue pecore.
Il Vangelo di oggi, ci propone proprio l'immagine del pastore e delle pecore. Gesù ha utilizzato spesso questa immagine per definire la relazione tra Lui e chi lo segue, chi lo conosce profondamente. Lui è il pastore e noi tutti che lo incontriamo e lo seguiamo siamo il gregge che Egli guida.
Ma come mai Gesù usa questa immagine?
Vi ricordate la parabola della pecorella smarrita o ancora quando Gesù dice di sé che è il Buon Pastore che non abbandona mai le sue pecore come farebbe invece un mercenario a cui non interessa la vita delle pecore?! Ecco, in tutte queste circostanze, Gesù parlava avendo di fronte persone che sapevano perfettamente quale fatica e dedizione occorreva per guidare un gregge di pecore! Tra le persone che lo ascoltavano, infatti, c'erano dei pastori e a quel tempo il gregge rappresentava tutto per il pastore, perché era l'unica fonte di guadagno, di sussistenza. Di notte i pastori dovevano proteggere le pecore dagli animali selvatici, come lupi, volpi e dai malviventi che tentavano di rubarle; di giorno poi, dovevano condurre il gregge in pascoli erbosi, cosicché le pecore potessero nutrirsi e crescere. Dunque quello del pastore era un mestiere conosciuto e diffuso all'epoca di Gesù.
Ma noi che abitando perlopiù in città e difficilmente conosciamo il rapporto che lega un pastore al suo gregge, come possiamo comprendere meglio questa immagine che Gesù utilizza per farci capire come si prende cura ci ciascuno? Noi al massimo nelle nostre case abbiamo un cane o un gatto da accudire, che ci fa compagnia, a cui vogliamo bene, ma che non sono la nostra unica fonte di sussistenza! Certo ci dispiacerebbe perderlo, saremmo tristi, anzi tristissimi, ma di certo continueremmo ad avere tutto ciò di cui abbiamo bisogno per vivere, non come i pastori al tempo di Gesù!
L'immagine migliore allora per capire questo brano è una di quelle che conosciamo bene tutti, quella dell'insegnante e dei suoi alunni. Gli alunni quando iniziano ad andare a scuola devono imparare ad ascoltare l'insegnante per apprendere tutte quelle regole che fanno in modo che insieme si stia bene e ancora dalla maestra impareranno molte materie durante tutto l'anno. L'insegnante, da parte sua, imparerà a distinguere i diversi alunni, a conoscerli per nome, poi man mano impara le preferenze di ogni bambino, la sensibilità, i punti deboli e di forza di ognuno. Così si crea un legame molto profondo. I bambini spesso si sentono liberi e felici di confidare all'insegnante le loro difficoltà e sono contenti di farlo partecipe delle proprie gioie, delle proprie scoperte. A volte per ringraziare un'insegnante, i bambini fanno loro spontaneamente dei piccoli doni, come ad esempio un disegno! Alla fine del ciclo scolastico gli alunni e l'insegnante si conoscono così bene da fidarsi l'uno dell'altro e da capirsi con un solo sguardo.
Gesù stesso veniva chiamato Maestro dai suoi discepoli, insegnava loro molte cose ed essi pian piano cominciarono a conoscerlo e fidarsi di Lui.
Forse una delle cose che Gesù oggi sta cercando di dirci è: "Ecco perché ho inventato le maestre! Ecco perché i miei discepoli mi chiamavano Maestro! Ecco perché ci sono i sacerdoti ! Ecco perché ho deciso di far fare a Pietro il Papa e, dopo di lui, ho scelto altri per guidare la mia Chiesa! Ecco perché non voglio che nessun bambino venga lasciato solo e perciò ho inventato la famiglia, con ben due persone che lo guidano, mamma e papà! Tutte queste persone sono i pastori del piccolo o grande gregge che è stato loro affidato. Non si può fare a meno dei genitori perché il loro amore è la cosa che davvero ci fa sentire bene, anche quando ci dicono di spegnere la televisione o di riordinare il gioco perché è ora di fare i compiti! Il Papa e i nostri sacerdoti ci vogliono bene perché è Gesù che attraverso il loro cuore, la loro presenza, la loro parola, i loro gesti raggiunge ognuno di noi per ricordarci quanto siamo speciali, belli, unici e meravigliosi e insostituibili!
Proprio come le pecore per un pastore.
Noi purtroppo a volte diamo un significato a dispregiativo alla pecora. Le pecore di solito vengono descritte come animali senza carattere, che seguono il padrone senza capire, insomma un po' sciocche! Ma l'aspetto che Gesù sottolinea non è solo la docilità di questi animali. Le pecore, non sono predatori, non cacciano e non hanno armi per difendersi, per crescere e salvarsi si fidano unicamente del pastore, per il quale come abbiamo detto in precedenza, esse sono il bene più prezioso! Anche se mansuete e docili le pecore sanno individuare Colui che può salvarle e che è disposto a vegliare di notte per proteggerle dai predatori, Colui che è disposto a camminare a lungo per cercare i pascoli migliori, che le aspetta per farle mangiare con calma.
L'Impegno
Perciò ragazzi, se Gesù ci paragona a delle pecore, non vuole offenderci, ma ci sta indicando le qualità necessarie per rimanere nel suo amore: ascoltarlo per poter riconoscere la sua voce, fidarsi di Lui e seguirlo sicuri che ci condurrà dove c'è il meglio per noi!