Di Paolo & Diane su Lunedì, 27 Aprile 2020
Categoria: Attualità

Si aprono i confini invisibili... Siamo pronti?

La fine della quarantena si avvicina, siamo pronti per ripartire? 

Ci siamo, stiamo entrando in punta di piedi in quel tempo che oramai ci siamo tutti abituati chiamare "Fase 2". Ieri sera, mentre ascoltavo il Presidente del Consiglio che ci spiegava cosa potremo e non potremo fare, dove potremo o non potremo andare, chi tornerà al lavoro e quando, e tutto ciò che oggi troviamo su tutti i giornali, avevo accanto Miguel, mio figlio, dodicenne, che alternava il suo sguardo spaesato fra me e il televisore.
Ascoltava attentamente ogni parola, e mi ha fatto poche domande ma dirette: "Di che cosa sta parlando?" mentre Conte parlava di Europa e Recovery Found. "Perché non risponde alla domanda?" mentre Conte rispondeva parlando della scuola e degli esami di maturità alla giornalista che gli chiedeva chi si sarebbe preso cura dei figli ora che i genitori devono tornare al lavoro, che i nonni devono restare in isolamento, e che le scuole resteranno chiuse. "Quindi tu lunedì devi tornare al lavoro?"
Quest'ultima domanda, rivoltami con un velo di tristezza negli occhi, riassume meglio di ogni parola e di ogni racconto il periodo di isolamento trascorso dalla nostra famiglia.

Certo non sono state tutte rose e fiori, soprattutto durante i primi giorni, quando alla paura per questo nemico invisibile si aggiungeva lo smarrimento per una vita che veniva sconvolta, per la condivisione di spazi che in molte case non sono organizzati per una convivenza forzata prolungata, di tempi che all'improvviso non erano più solo "tuoi"…

Famiglia in ostaggio

La scossa che ci ha fatto capire quanto questo periodo di quarantena ed isolamento sarebbe stato importante per la nostra famiglia è arrivato una sera a tavola, nelle prime settimane, mentre si discuteva appunto di tempi e spazi in famiglia, e degli inevitabili scontri che stavano sorgendo.

"È perché noi non ci conosciamo" disse Miguel ad un certo punto a voce bassa. Quella frase rimase sospesa nell'aria, senza una risposta, senza un commento, ma si incise profonda nella mia anima. Mio figlio ci vedeva come quattro persone che vivono insieme, ma che in realtà non si conoscono. Ognuno preso dal suo lavoro, dalla scuola, dalle attività, dalla frenesia di una vita che teneva il ritmo delle giornate ora per ora, dalla sveglia del mattino all'ora di andare a letto. Scuola, lavoro, rientri pomeridiani, musica, sport, comunità del Rinnovamento, impegni con la parrocchia, catechismo… Tutto questo teneva le nostre vite, il nostro tempo, la nostra famiglia in ostaggio.

Poi tutto d'un'tratto ci siamo ritrovati faccia a faccia noi quattro, non come quando si va in vacanza, non con l'eccitazione, la gioia e la spensieratezza che caratterizza le settimane o i weekend trascorsi fuori dalle mura domestiche. No, questa volta la nostra casa segnava i nostri confini, l'eccitazione era sostituita dalla preoccupazione, mentre alcune attività dovevano comunque andare avanti. Diane continuava a preparare le lezioni e ad insegnare online, Miguel ed Andrea avevano le loro video lezioni con compiti e verifiche, ma tutto ora si svolgeva dentro i delicati confini della nostra casa. Ed abbiamo cominciato a conoscerci. 

Un tempo per riscoprire la famiglia

Questo periodo in cui abbiamo dovuto fare a meno di alcune libertà individuali è stato un tempo in cui ci siamo riscoperti coniugi, genitori, figli. Un tempo in cui abbiamo imparato a conoscere meglio noi stessi e le persone che vivono affianco a noi, che troppo spesso abbiamo dato per scontate.

Un tempo in cui abbiamo riscoperto i valori che sono alla base di ogni famiglia: il rispetto, l'amore, la condivisione, il dialogo. Sì perché in questo periodo abbiamo anche parlato, ci siamo guardati negli occhi, ci siamo presi per mano, abbiamo studiato insieme, lavorato insieme, giocato insieme, pregato insieme. Abbiamo ripreso possesso della nostra casa aggiustando, costruendo, sistemando, abbiamo ripreso possesso del nostro tempo, abbiamo ripreso possesso della nostra famiglia.
Ne parlavamo pochi giorni fa con una coppia di amici fraterni, al telefono. Ci manca incontrarci, ci manca vedere le nostre famiglie d'origine, ci mancano le celebrazioni eucaristiche, ma abbiamo veramente voglia che tutto ricominci come prima?

Abbiamo capito cosa vuol dire essere Sogno di Dio

Facciamo tesoro di questo tempo, di questo dono che ci è stato fatto in un periodo che doveva essere caratterizzato dal buio. Ci ritroviamo provati, alcuni di noi hanno perso i loro cari, ora siamo spinti ad andare avanti, siamo diversi, ma originali ed ora abbiamo capito che i veri tempi della famiglia sono quelli che stiamo vivendo, e non quelli forzati a cui eravamo sottoposti prima che tutto questo avesse inizio.

Abbiamo capito davvero cosa vuol dire essere famiglia, quella che da sempre è il Sogno di Dio. 

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